LETTERA APERTA DELL’ASSESSORE GIAMMARIO PASCUCCI

«Leggo con attenzione e rinnovato stupore l’articolo apparso oggi sui quotidiani locali relativo alla situazione in cui versa il centro storico, secondo la rappresentativa associazione degli abitanti del centro stesso. Sottolineo ciò che intendo per “rinnovato stupore” : mi meraviglia la capacità, ormai di chiunque, di cambiare e distorcere pesantemente il senso delle situazioni, l’ individuazione corretta delle cause delle situazioni stesse, il contrabbandare per inerzia amministrativa e responsabilità di gestione della cosa pubblica il verificarsi di fenomeni che, a mio parere, non può’ assolutamente essere ascritto  alle attuali modalità di gestione della cosa pubblica stessa, bensì a cause facilmente identificabili e che voglio, pur sinteticamente, riepilogare. Questa cittadina è dotata di una strumentazione urbanistica e regolamentare particolarmente avanzata: in particolare il piano del centro storico, ancora perfettamente valido, è stato ai suoi tempi un modello di intervento guardato a livello nazionale e, nella pubblicistica specialistica , a livello internazionale. Il piano “Detti – Di Pietro” costruito col contributo di diversi specialisti e dell’allora dirigente dell’ufficio urbanistica, unitamente alla realizzazione di essenziali opere pubbliche (pavimentazioni, nuove reti di servizi, predisposizione di tutto ciò’ che risultava necessario dal punto di vista tecnologico) che valorizzavano con ogni evidenza il patrimonio edilizio privato, individuava già a suo tempo, con intelligenza anticipatoria, strategie di gestione del piano possibili ed efficaci nel contesto  della città’ di Arnolfo.

Strategie che confermano il proprio significato e potere, proprio oggi a fronte di cio’ che sta accadendo nella nostra nazione, dagli eventi sismici agli eventi idrogeologici, fino alle questioni che riguardano la salvaguardia degli aspetti storico documentari ed estetici delle nostre città’, salvaguardia da una parte sempre invocata e dall’altra sempre tradita da dispositivi normativi che hanno liberalizzato gli interventi edilizi privati rendendo difficile e sovente impossibile ogni forma di controllo e di conseguente repressione da parte dei comuni.

Il piano di gestione del centro storico, basato su una analisi morfologica capillare del tessuto edilizio e su una restituzione cartografica analitica, prevedeva come necessari gli interventi di restauro e manutenzione dei fronti interni degli edifici – proprio quelli prospicienti i chiassi – e gli interventi di riqualificazione dei piani terra adibiti ad attività commerciali e terziarie. Per questi ultimi si tratta semplicemente di riaprire gli accessi dal chiasso, attualmente chiusi con infissi logori e degradati che richiamano inevitabilmente episodi di ulteriore degrado, dotando peraltro il piano terra di un sistema di ventilazione trasversale quanto mai opportuna.

Per quanto concerne la effettiva realizzabilità dei suddetti livelli di intervento, scelti qui come prioritari per gli effetti positivi che possono restituire, è necessario acquisire o ri-acquisire la coscienza cittadina dello spazio urbano come bene comune e operare nella direzione di formattare collettivamente strumenti di intervento adeguati alla realtà’. Il piano aveva non a caso indicato la necessità di operare su moduli pari all’ intero isolato quale forma compatta e unitaria. Formulazione, questa, che a suo tempo apparve eccessivamente radicale e che oggi, a seguito anche delle prese di posizione a livello nazionale conseguenti ai disastri continui nel territorio nazionale, deve essere riattivata e approfondita. Come è possibile infatti valutare, ad es., la vulnerabilità sismica del patrimonio nel caso della morfologia delle città’ murate? Si vuole effettivamente porre in essere tutta la strumentazione tecnico scientifica? O si rimarrà allo stato di proclami? Ragionare a questo livello è oggi urgente, per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio.

Il degrado e la vulnerabilità del centro, anche nei suoi aspetti sociali, possono essere combattuti ed eliminati se si esprime, da parte soprattutto della proprietà fondiaria particolarmente frazionata nel nostro caso,, una volontà di intervento sul proprio patrimonio, tramite forme di consorzio di attuazione. Ad es. per mitigare l’effetto della presenza di piccioni viene giustamente suggerito il sistema delle reti , che può  evidentemente essere posto in opera solo dai proprietari  stessi degli edifici. Tenendo tuttavia conto del fatto che sono scarse le unità’ di condominio obbligatorio, si pone l’esigenza di accordi di isolato da concretizzarsi nelle forme tecnico giuridiche possibili. Così per il corretto restauro o la corretta manutenzione delle facciate degli edifici che insistono sui chiassi, recuperandone la dignità’ e contemporaneamente la vivibilità collettiva. Così’ per l’apertura delle porte e finestre dei fondi commerciali e il restauro degli infissi attualmente maltenuti. È chiaro a chiunque che nel tempo si sono   verificate situazioni di trascuratezza imputabili soltanto al privato proprietario o fruitore del patrimonio, e sono questi soggetti a dover riflettere e rispondere all’ intera cittadinanza sui fenomeni di decoro e igiene. Le linee strategiche che ho qui delineato risolverebbero, a mio modesto parere, i problemi alla radice. Possiamo, come amministrazione, senz’altro decidere di presidiare la città’ 24 ore su 24, tramite un sistema di pulizia permanente, ma con quali effetti sull’imposizione fiscale ai cittadini stessi? Non sarebbe più’ efficace e intelligente il coinvolgimento sociale nelle forme sopra descritte, da avviarsi anche in forma sperimentale, al fine di eliminare i fenomeni denunciati in virtu’ di una presa d’atto delle cause reali di ciò che accade tutti i giorni? Perché’ non pensare ai chiassi come percorsi vivibili trattati con pari dignità’ dei percorsi principali e manutenuti come le vetrine della via maestra? E di chi è eventualmente questo onere?

Da parte dell’amministrazione comunale può essere garantita in varie forme, (da studiarsi attraverso le modalità’ di partecipazione), la sicurezza, la manutenzione dell’assetto viario secondario, la garanzia di una corretta fruibilità e uso dello stesso. Possono essere studiate anche forme di incentivo compatibili con le vigenti normative fiscali. La soluzione dei problemi può derivare solo da un impegno collettivo nel quale ogni soggetto, privato e pubblico, esprime ciò’ che gli spetta.

L’occasione di questa lettera aperta, stimolata dal comunicato dell’associazione residenti, mi consente di focalizzare linee di intervento che mirano all’eliminazione delle cause, solo e soltanto responsabili delle situazioni in atto.

Queste linee, ancora allo stato embrionale, sono state illustrate nella scorsa primavera nel corso di riunioni tenute con l’associazione dei residenti, con la Confcommercio e in diverse altre occasioni di incontro con i cittadini.

Si tratta oggi di riprendere il lavoro, progettando, anche in via sperimentale, interventi efficaci, naturalmente col contributo dei cittadini, delle loro associazioni rappresentative, degli ordini professionali, delle associazioni di categoria.

È impegno di questa amministrazione organizzare a breve il lavoro stesso».

 

San Giovanni Valdarno, 29 agosto 2017

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